Raimondo De Sangro
Raimondo De Sangro: scienziato moderno ante litteram
Ultima modifica 30 maggio 2024
Colui che ha dato maggiore lustro alla sua casata è senza dubbio Raimondo Maria de Sangro (1710-1771), ottavo Duca di Torremaggiore e settimo Principe di Sansevero, nato nel Castello di Torremaggiore il 30 gennaio 1710 ed ivi battezzato il 2 febbraio successivo dal vescovo di San Severo, Mons. Carlo Francesco Giocoli.
Allevato dai nonni paterni, perché orfano di madre a meno di un anno, lascia Torremaggiore all’età di dieci anni per trasferirsi a Roma, dove riceve una ferrata educazione religiosa presso i padri gesuiti. Sposatosi a 22 anni nel 1732 per procura, poiché la moglie Carlotta Gaetani dell’Aquila d’Aragona risiedeva nelle Fiandre, consuma il suo matrimonio a Torremaggiore nel 1735. Da lei riceve otto figli.
Uomo dalla personalità inquietante ed al tempo stesso affascinante, è definito il Principe dei misteri, un surrealista in anticipo. In un’epoca dalle nuove concezioni illuministiche, egli si configura tra gli uomini particolari che ne sono protagonisti: con l’ardore di un alchimista sa fondere in sé la lucida freddezza dello ‘scienziato’, che indaga sugli strumenti e sulle modalità dell’agire, con le intuizioni del ‘filosofo’, che non si arresta alla comprensione della sola realtà empirica. Tra splendori cortigiani (viene creato nel 1730 Grande di Spagna di prima Classe e nel 1737 Gentiluomo di Camera con Esercizio del Re) e persecuzioni oscurantistiche, trascorre la sua vita conducendo con successo ricerche sperimentali in più branche dello scibile umano:
1- letteratura: la sua produzione letteraria, emessa da una tipografia da lui stesso impiantata nelle cantine del suo palazzo in Napoli, gli procura nel 1743 il titolo Accademico della Crusca di Firenze e della Sacra Accademia Fiorentina.
2- filosofia naturale: da illuminato rosacrociano ricerca la “verità non solamente attraverso la scienza, ma a partire dalla natura e da quella parte complessa della natura che è l’Io”;
3- pirotecnia: ha progettato nel 1743 il primo teatro pirotecnico in occasione della nascita della principessa reale Maria Elisabetta, inventando l’effetto pirico dal colore verde;
4- chimica: ha scoperto metodi per ristagnare il rame, per produrre agata, diaspro, lapislazzuli ed altre pietre preziose artificiali, per colorare ogni specie di marmo, per ottenere da alcuni vegetali una cera sintetica della stessa qualità della cera vergine d’api, per ottenere la desalinizzazione dell’acqua di mare;
5- meccanica: ha inventato la carrozza marittima, capace di muoversi a terra e in mare; ha inventato nel 1739 il primo fucile a retrocarica, particolare archibugio a doppio effetto, caricabile contemporaneamente a polvere e a vento, anticipando l’invenzione del Lefaucheux e del colonnello Colt; mentre, nel 1741 egli ha messo a punto un nuovo cannone in lega di ferro, più leggero di quello in dotazione dell’esercito borbonico;
6- medicina: sbalorditive sono le “Macchine Anatomiche”, conservate nella cavea della Cappella della Pietà a Napoli; rappresentano due scheletri umani, l’uno maschile e l’altro femminile, rivestiti dell’apparato circolatorio arterio-venoso; la certificazione notarile per la loro costruzione è riportata in: Miccinelli Clara, Il Tesoro del Principe di Sansevero. Genova, 1985;
7- fisica idrostatica: ha inventato una macchina idraulica che serviva ad utilizzare l’acqua piovana, raccolta in serbatoi, per fornire forza motrice ad opifici; per l’aspirazione dell’acqua veniva sfruttata l’energia del vento e la forza di gravità;
8- chemioterapia del cancro: sconvolgente è l’intuizione del principe nell’aver somministrato a due pazienti, in modo appropriato e pertinente, gli estratti di un alcaloide quale la pervinca, quasi due secoli prima della scoperta di sostanze attive in chemioterapia citostatica;
9- arte militare: nel 1741 il principe ha ideato il progetto d’una molteplice difesa interna specialmente nelle cittadelle, nel 1742 ha iniziato a scrivere il Gran Vocabolario dell’Arte Militare e di Terra; Indiscusso stratega militare sia sul campo (respinge gli Austriaci nella battaglia di Velletri nel 1744 col titolo di Colonnello del Reggimento di Capitanata), sia in studi dottrinali (scrive e pubblica la Pratica più agevole e più utile di Esercizj militari per l’Infanteria nel 1747), riceve gli elogi dalle più importanti corti europee, da quella austriaca di Maria Teresa d’Asburgo (1740-1780) a quella francese di Luigi XV (1715-1774), oltre che da Ferdinando VI di Spagna, da Federico il Grande di Prussia (1740-1786), da Carlo III di Borbone (1734-1759) dal maresciallo Maurizio di Sassonia.
La società partenopea, invece, dal canto suo, non accetta Raimondo, detto “il Sansevero”, a causa della sua preparazione culturale diversa, poiché crede di vedere in lui, fin da principio, un personaggio enigmatico circondato da un alone sinistro e dedito alla magia. La sua nomina a Gran Maestro Venerabile della Massoneria del Regno di Napoli (dopo che lui stesso l’ha fondata) e la pubblicazione della famosa Lettera Apologetica concorreranno a far scagliare contro di lui nel 1750 una sorta di anatema sociale. Anzi, il popolo, inscenando una irrazionale reazione di timore e di condanna, comincia da questo momento in poi ad oscurare la sua immagine con fosche leggende (vedi: Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane. Bari, Laterza, 1948).
Solo grazie alla protezione di Carlo III re di Napoli e alla benevolenza di papa Benedetto XIV (1740-1758), Raimondo riesce a superare indenne una vera e propria campagna denigratoria, scatenata da una aristocrazia frivola ed incolta e da un popolino analfabeta, capaci solo di additarlo a vista quale pubblico peccatore e stregone. Del resto né la Napoli del suo tempo, né la posterità comprenderà molto di lui, ma si limiterà solo a contemplare, stupita ed interdetta, tutto ciò che si conserva nella Cappella di S. Maria della Pietà, detta di Sansevero, a Napoli. Commissionando i migliori artisti dell’epoca, tanto da trasformare questo Tempio in centro della cultura del Settecento napoletano, Raimondo non risparmia né danaro, né energie e mette a disposizione i frutti delle sue invenzioni e delle sue tecniche, che conferiscono ai gruppi scultorei, eseguiti in omaggio ai suoi avi e congiunti, un particolare messaggio allegorico di chiaro stampo esoterico-occultistico. È l’ultimo messaggio raimondiano lasciato ai posteri, che consiste nell’invito a meditare sulle umane caducità per uscirne migliori. E con questo scrigno d’arte, pervenutoci col suo contenuto di statue, di complessi marmorei, dei suoi epitaffi, del suo simbolismo, delle sue dimenticanze, i de Sangro, congedandosi dalla vita, consegnano alla storia non solo gesta ma anche sentimenti.